Angelique Rouge Angelique non aveva idee. I caricatori erano indispensabili se voleva sopravvivere ma non aveva modo di prenderli e nella Glock rimanevano ancora solo sette colpi. Forse poteva ritentare la tecnica di prima, sparando più colpi per tenerlo più a lungo bloccato dietro la porta.« Ange, sto entrando, non rendermi tutto più difficile! » No, non c'era più tempo per quella strategia. Ian Anderson aveva deciso che la partita doveva finire prima possibile. Lui aveva sei colpi, lei sette. Vista la maestria con le armi e la tipologia delle pistole, era lui quello in vantaggio. Arrivati a quel punto Rouge poteva fare solo una cosa: aspettare che lui entrasse e la raggiungesse in bagno oppure muoversi e sperare di arrivare in camera viva. La seconda opzione era folle ma con qualche possibilità di riuscita. Rotolò quindi sul pavimento che divideva il bagno dalla camera sparando in direzione della porta i sette colpi rimanenti. Non appena ebbe varcato la porta della stanza da letto, l'agente Anderson aveva varcato quella dell'appartamento e si dirigeva correndo verso di lei. Angelique afferrò un caricatore e, dopo aver sganciato quello vuoto, caricò l'arma. In quel mentre l'uomo aveva superato il muro e, calpestando i capelli che le aveva precedentemente tranciato, le stava puntando addosso la Eagle. Rouge non avrebbe fatto in tempo a puntare la Glock su di lui e a sparargli, per posizione Ian era avvantaggiato. Angelique aveva perso. La sua determinazione per ridar vita alla figlia però non accettava la fine e, quasi in risposta a quel sentimento, i suoi capelli, per l'ennesima volta, si mossero per salvarle la vita. Il fascio di capelli più lungo, quello su cui lui aveva posato il piede, prese ad attorcigliarsi attorno alla sua gamba, quasi come fosse un serpente o una pianta rampicante. Per la sorpresa, Anderson sbagliò completamente mira e colpì lo stipite della porta della camera. Cercando di levarsi la chioma cremisi dalla gamba, indietreggiò e cadde all'indietro,dovuta andare a comprarne una nuova. I fori di proiettile invece li avrebbe stuccati. andando a pestare con la testa l'altro fascio di capelli che si arrotolò attorno al suo collo e al suo busto, allungandosi fino ai due metri. Angelique, decidendo di non farsi domande (almeno in quel momento) e scattò in avanti, afferrando con la mano libera la Desert Eagle e strappandola dalle dita dell'uomo. Tenendo le due armi in mano, guardò il vecchio collega mentre veniva bloccato dai suoi capelli. Aveva generato delle tagliole, che scattavano a contatto con il nemico? Poteva interpretare così ciò che stava vedendo? Decide di sperimentare. Posò a terra, dietro di sé, l'arma di Anderson e la Glock e poi si afferrò i capelli con entrambe le mani, strappandoli senza farsi del male. Lasciò cadere la ciocca recisa sull'uomo ed essa, non appena lo ebbe toccato sul braccio, prese ad arrotolarsi su di esso. Ripeté l'esperimento altre due volte. Voleva esser sicura. Alla fine l'uomo stava venendo stritolato da cinque serpenti cremisi. Se l'avesse lasciato così sarebbe morto soffocato dopo un'agonia abbastanza lunga.« Ange » la pregò Ian, con voce soffocata e impaurita. Rouge continuava a guardarlo e alla mante tornavano solo begli episodi passati con quell'uomo, l'uomo che sapeva dov'era e che l'avrebbe sempre ritrovata. Non poteva lasciarlo andare. Con un sospiro rassegnato, Angelique si avvicinò all'agente, gli si sedette a cavalcioni su di lui e gli sollevò il busto. Senza proferir parola, guardandolo negli occhi impauriti, afferrò la sua testa con entrambe le mani e gli spezzò il collo con un colpo secco. Così se ne andava Ian Anderson, uno dei migliori agenti che l'FBI avesse mai avuto tra le sue fila. Non appena Ian aveva smesso di vivere, le chiome avevano smesso di stringere. Si erano adagiate, morbide, su di lui. La rossa quindi si era vestita, aveva preso la sua forma mannara e aveva trasportato in strada il corpo portandolo sulle spalle. Conscia che nessuno avrebbe visto (e che, nel caso qualcuno avesse visto, si sarebbe fatto i fatti suoi), aveva caricato Anderson nella sua stessa auto (non era difficile da riconoscere, solo lui poteva andare in giro con una Prius nera; le chiavi le aveva trovate nella tasca dei pantaloni dell'uomo) e aveva guidato fino al bosco che c'era fuori città. Lì, aveva seppellito il corpo. In seguito era tornata in città e si era diretta da uno sfasciacarrozze di sua conoscenza, il tipo di uomo che non chiede ma agisce, se pagato. Aveva così fatto sparire pure l'auto. A piedi era tornata nuovamente a casa sua. La porta era inutile così sfondata, la mattina sarebbe dovuta andare a comprarne una nuova, I fori di proiettile invece li avrebbe stuccati. Una volta nell'appartamento si era spogliata di nuovo e si era nuovamente infilata sotto la doccia, finalmente sola in casa.