[Allenamento libero] Angeline, Sblocco del potere speciale

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++NewFaKe++
CAT_IMG Posted on 20/9/2010, 23:04




Sedici anni fa.
Locazione segreta, dodici settembre.

Osaze si sentiva a disagio. Lo avevano prelevato prima della solita sveglia dalla sua stanza. Erano tre uomini. Non li riconosceva. Lo avevano portato in una zona che non conosceva. Era una enorme stanzone rettangolare spoglio di tutto, con pareti e pavimento bianchi. Su una parete c'era un enorme specchio, ma era l'unica parvenza di arredamento di quel posto. Non capiva perché lo avessero portato lì, e in realtà non era ancora sufficientemente sveglio per farsi domande del genere. Il pungente odore di una qualche sostanza chimica gli penetrò nelle narici come d'improvviso al suo ingresso nell'enorme stanzone, ancora in penombra perché illuminata solo da un primo neon posto appena sopra l'ingresso.
Fu in grado di distinguere l'ombra di qualcuno al centro della stanza, ma solo quando tutti i neon, dopo un incerto lampeggiare durato alcuni secondi, si decisero ad accendersi, Osaze fu finalmente in grado di distinguerla. Davanti a lui c'era un uomo vestito elegante ma completamente d nero tranne per la camicia, unico tocco di bianco nel suo abbigliamento, lo riconobbe come uno degli uomini che ogni tanto venivano a osservare silenziosamente il gruppo degli angeli. Era alto, non solo ai suoi occhi di bambino, ma oggettivamente alto. Confrontandolo con gli uomini che lo avevano portato lì e che ora lo stavano spingendo verso la figura vestita di nero, torreggiava su di loro di molti centimetri. Aveva i lineamenti molto squadrati, sembrava quasi scolpito rozzamente da un blocco di roccia, e aveva i capelli ricci, scuri, e corti. Aveva le mani in tasca. E inoltre, questo colpì più il giovane Osaze, aveva gli occhi neri. Non c'era differenza tra iride e pupilla, era tutto un cerchio nero. Stringeva in mano quel che sembrava una spada corta di foggia orientale.
Potete andare” disse con tono imperativo agli uomini, che uscirono immediatamente dalla stanza.
Per alcuni attimi, i due si osservarono a vicenda, come a studiarsi. Anche se, in realtà, il ragazzino più che studiare chi gli stava di fronte si stava chiedendo cosa e perché stava succedendo.
Osaze Minkabh, dico bene?” disse l'uomo rompendo il silenzio.
Lui annuì. Non capiva. Ma nella sua vita fino a quel momento, c'erano state tantissime cose che lui non capiva. Perché, per esempio, veniva tenuto segregato. Si ricordava il mondo fuori della struttura, aveva memorie di quando si trovava ancora all'orfanotrofio. Ora erano anni che non vedeva l'aria aperta. Perché lo costringevano agli estenuanti allenamenti ogni giorno. Perché gli insegnavano a usare delle armi. E perché non ci si poteva parlare liberamente. Erano tutti misteri, diventati parte della sua quotidianità ma che ogni tanto ritornavano sempre a presentarsi alla sua mente.
L'uomo lanciò ai suoi piedi la spada. Era lunga circa trenta centimetri, con il fodero in legno e l'elsa coperta di stoffa marrone intrecciata. Anche sul fodero c'era della stoffa marrone legata. La guardia era dorata.
Prendila” gli disse, “Da oggi in poi è tua.” Non era un'offerta. Era un ordine. Anzi, se possibile, qualcosa di ancora più forte di un mero ordine. Osaze non fu in grado di fare altro che raccoglierla. Non fu nemmeno in grado di pensare a qualcosa d'altro, cosa che lo sorprese. Non era un tipo molto riflessivo, l'abitudine lo aveva costretto a rinunciare a ogni pretesa di comprendere il suo strano mondo, ma addirittura lui fu in grado di comprendere che qualcosa non andava.
Quella spada ha un'anima. E un nome. Fartelo dire è la tua unica speranza di vivere, Osaze Minkabh.” Nel tono della sua voce sentiva come l'impressione che quello che gli veniva detto era un'ovvia e ineluttabile verità, su cui nessun essere al mondo poteva discutere.
Quando ebbe finito di parlare, l'uomo si avvicinò a Osaze, con calma e con le mani ancora in tasca, e, completamente senza preavviso, lo calciò in faccia. Solo di puro istinto riuscì ad alzare le braccia e a portarle davanti al volto per coprirlo. Il colpo lo fece comunque volare via vari metri più in là.

Edited by ++NewFaKe++ - 21/9/2010, 19:09
 
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++NewFaKe++
CAT_IMG Posted on 21/9/2010, 18:06




Era sempre più confuso. Perché lo stava attaccando? Non riusciva a capire, ma l'uomo stava tornando a dirigersi verso di lui, non c'era tempo per provare a capire. Sfoderò la lama corta, che tra le sue mani sembrava lunga come una vera spada. Senza pensarci, corse in direzione di quello strano uomo che ora era suo nemico, con la spada tenuta a due mani, pronto a colpirlo. Cercò di menare un fendente da sinistra verso destra all'altezza della gamba, per eliminare quello che sembrava essere il suo metodo d'attacco principale. L'uomo si limitò a portarsi indietro di qualche passo, facendo andare a vuoto il colpo del ragazzo, che però non si arrese e continuò a cercare, un fendente dopo l'altro, menati sempre meno razionalmente e sempre più a caso, di colpirlo. Evidente segno che il barlume di razionalità che lo aveva mosso all'attacco si stava lentamente spegnendo per lasciarlo sprofondare nelle tenebre della paura. Dopo l'ennesimo colpo andato a vuoto, fu raggiunto da un pestone in piano volto, che lo fece cadere all'indietro.
Non sono venuto qui per giocare allo spadaccino. Il nome. Ora.” disse, senza nemmeno guardare il ragazzino.
Osaze comprese finalmente. Gli serviva per trovare la chiave per usare quella strana spada, evidentemente. Per qualche motivo loro non sapevano trovarle il nome, e avevano preso uno dei bambini per farlo.
Ti do un minuto.” aggiunse l'uomo alzando il polsino della camicia per osservare l'orologio, col cinturino anch'esso nero come il resto del suo abbigliamento, che aveva la polso destro.
Come doveva fare? Lui non sapeva come trovare il nome. Cercò di concentrarsi. Magari sarebbe bastato.
Quarantacinque secondi.
No, non funzionava. Strinse forte la spada, come a volerla minacciare, ma non accadde nulla.
Provò a chiederle il nome. Mentalmente, poi a bassa voce. “Come ti chiami?” chiedeva. Non ci fu risposta.
Trenta secondi.
Dimmi come ti chiami. Ti prego, dimmelo. So che mi senti! Dimmelo! Dannazione! Parlami!” continuò, a voce sempre più alta.
Quindici.
Ormai stava urlando. “Dimmelo! Dimmelo!”, continuava a ripetere.
Dieci...
Era alle lacrime. Non sapeva più che fare.
Cinque.. quattro...
DIMMI QUEL CAZZO DI NOME!
Tre... due...
PARLAMI!
Uno... Tempo scaduto.
L'uomo ricoprì l'orologio col polsino della camicia, e cominciò ad avanzare verso il marmocchio che piangeva disperato con la spada in mano, ancora a terra da prima. Era inutile. Quel ragazzino non era capace, evidentemente. Lo avrebbe punito e rimandato nella sua cella. Gente del genere non serviva alla sua nazione.
Quando fu davanti a lui, lo colpì con ancora un altro calcio. In volto, stavolta. Tanto era un angelo, non gli sarebbero rimasti danni permanenti. Non lo avrebbero punito per aver danneggiato una proprietà del Governo. Osaze stava piangendo, e non si accorse del colpo che gli stava arrivando se
non quando si vide proiettato sul pavimento. Fu per mera fortuna che non si infilzò con la lama che ancora stringeva disperatamente con entrambe le mani cadendo nuovamente a terra.
Era a metà strada tra il panico e la disperazione. Voleva fare qualcosa, ma non sapeva cosa e sentiva che le poche forze che gli restavano non sarebbero bastate. Gli faceva male la schiena per le varie cadute e aveva un lungo taglio sulla guancia destra provocato dall'ultimo calcio. Avrebbe potuto usare i suoi poteri da angelo, ma non era ancora in grado di attivarli a piacimento... era solo un bambino di otto anni, non era capace di fare certe cose. Glielo avevano detto anche i suoi istruttori, padroneggiare il suo corpo avrebbe richiesto tempo. Poteva solo sperare nella spada, ma come poteva fare? Non rispondeva a nulla, e lui non aveva più tempo... Si alzò a sedere appena in tempo per accorgersi che l'uomo era di nuovo su di lui. Si mise istintivamente davanti al volto la spada, e sempre di puro istinto fece quello che ogni bambino della sua età avrebbe fatto trovandosi in pericolo. Urlo “Aiuto!” e chiuse gli occhi.
 
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++NewFaKe++
CAT_IMG Posted on 22/9/2010, 19:11




Quando qualche secondo dopo li riaprì, sorpreso di non aver sentito alcun colpo, si vide circondato da uno strano ambiente. Non era più nell'enorme stanzone bianco, ma in una piccola stanza con le pareti coperte di stoffa rossa. Il pavimento era coperto da un enorme tappeto, e la maggior parte della stanza era occupata da un letto a due piazze a baldacchino, dalle coperte e tende rosse e con uno specchio dietro, al cui centro era appeso un crocifisso d'argento, con al centro uno smeraldo. Il soffitto era a cassettoni, in legno. Ma soprattutto, non c'era una porta in quella stanza. C'era solo una finestra, aperta sull'esterno di... qualunque cosa fosse quel posto. Osaze si sporse, per vedere cosa c'era all'esterno. Fu in quel momento che si accorse di non avere più in mano la sua lama. Ma non si lasciò distrarre da ciò, e appesosi al bordo della finestra con un salto ci si issò sopra. E lo vide. Fuori da quel posto si estendeva un enorme prato, sembrava infinito, si estendeva fino alla fine dell'orizzonte.
Bello, vero?” disse una voce alle sue spalle. Era una voce di donna, e aveva un tono gentile con una sfumatura divertita.
Di corsa, il ragazzo scese dalla finestra e si voltò. Seduta sul letto, c'era una donna. Aveva dei lunghi capelli bianchi che le arrivavano a metà della schiena, fu quella la prima cosa che notò. E con bianchi, non intendeva quella sfumatura di grigio che assumono i capelli delle persone anziate. Erano veramente bianchi. Come la neve. Aveva la pelle molto chiara e gli occhi di un azzurro chiarissimo, quasi grigio. Era vestita con un lungo abito rosso da sera, senza maniche, e indossava dei lunghi guanti bianchi. E, soprattutto, le uscivano dalla schiena due ali bianchissime.
Sono felice di incontrarti, Osaze. Ti aspettavo da tempo.” continuò, dopo qualche secondo di silenzio.
Mi... mi aspettavi?” balbettò lui, lievemente imbarazzato da quella presenza quasi eterea. Deglutì per farsi coraggio, e le chiese infine: “Tu chi sei?
Angeline.” rispose lei sorridendo, poi fece un mezzo inchino.
Lui, ancora mezzo basito, ne fece uno di rimando. Ma ora mano a mano stava cominciando a riprendere coscienza, e a diventare curioso. “Dove siamo?” chiese. “Dov'è finito quell'uomo? Perché mi aspettavi?” continuò poi, a raffica.
La donna ridacchiò. “Calma, calma... Siamo dentro Giselle, la spada. L'uomo è ancora lì, come tu sei ancora là fuori. Ma non devi preoccupartene. E in quanto a me, ti aspettavo perché tu eri il mio destino.
Il tuo... destino?” chiese lui.
Certo. Io ti ho aspettato da quando sono stata creata. Io ti ho scelto come mio proprietario. Ho aspettato da sempre che mi raggiungessi qui, ma ora finalmente è venuto il giorno.
Osaze rimase in silenzio. Non era certo di capire. E comunque, non aveva ancora afferrato del tutto cosa intendesse dicendo che erano dentro la spada.
Significa che la tua mente adesso è nella spada, con me. Mentre il tuo corpo invece è ancora fuori, in attesa della tua mente. Ma non preoccuparti, la mente è veloce, e qui dentro il tempo scorre lento.” rispose alla domanda non pronunciata.
Come...
Te l'ho detto. Entrambe le nostre menti sono nella spada. Io posso sentire cosa pensa o desidera la tua mente. Per questo sono corsa in tuo aiuto quando lo hai chiesto.
Lui la guardò ancora. Non era certo di capire, ma sentiva di doversi fidare. “E allora adesso... che devo fare?
Adesso uscirai. Il mio nome lo conosci. E saprai anche come usare le tue ali al meglio quando sarai là fuori.” disse lei, sorridendo ancora.
Osaze si guardò dietro le spalle. Aveva ragione. Aveva le ali. Non capiva quando le avesse fatte comparire, ma le aveva. Erano corte come ali, e le piume erano grigiastre, ma erano indubbiamente ali.
Buona fortuna.” disse ancora la ragazza, poi tutto d'un tratto la stanza scomparve.
Ora si trovava di nuovo davanti all'uomo vestito di nero, ma stavolta sapeva che fare. Quasi senza sforzo prese il volo, e urlò “Mostrati, Angeline!
L'uomo non comprese subito che era successo. Quando alzò la testa e vide nuovamente il ragazzino, dopo una forte luce, con in mano un crocifisso d'argento, comprese che doveva aver attivato al spada.
Bene, adesso sce–” cercò di dire, quando una croce di luce lo colpì in peno volto, facendolo barcollare.
Angeline aveva ragione. Sapeva come usare le sue ali. E anche come usare la sua spada, o quel che era diventata. Se lo sentiva nel sangue. Puntò ancora la croce verso l'uomo, e un'altra croce di luce azzurra si schiantò contro di lui, facendolo cadere a terra. Probabilmente si sarebbe potuto prendere la liberà di deriderlo, di fargliela pagare per come lo aveva ridotto, ma invece si limitò a volare giù in picchiata e continuare a lanciare croci lui corpo dell'uomo, troppo stupito e dolorante per gli inaspettati colpi subiti per fare nulla. Continuò a lanciarne finché non notò che l'uomo non si muoveva più. Era forse... morto?
Scese a terra. Le ali gli scomparvero, la croce tornò ad essere una spada. Si sentiva stranamente calmo. Non si aspettava che uccidere un uomo sarebbe stato così semplice. Lo guardò, disteso e sanguinante com'era, con i segni dei colpi ancora ben visibili addosso. Poi, come se nulla fosse, si voltò a cercare il fodero della spada. Quando la ebbe rinfoderata, sentì un rumore da dietro. Si voltò di scatto, solo per vedere l'uomo che si rialzava. All'inizio si spaventò, poi ci pensò un attimo e capì che era meglio così in fondo. Se lo avesse ucciso, probabilmente gli avrebbero portato via la spada. E questo non poteva certo permetterlo.
L'uomo sputò per terra una boccata di sangue. “Complimenti, piccolo bastardo. Ci sei riuscito.” disse, poi si voltò verso lo specchio. “Portatelo via.” disse in quella direzione. Pochi attimi dopo rientrarono gli uomini di prima, che lo ricondussero alla sua stanza. Ma non più solo, com'era stato fin'ora. Adesso aveva un'amica. Aveva Giselle. Aveva Angeline.
 
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White Hebi
CAT_IMG Posted on 22/9/2010, 19:29




SPOILER (click to view)
10 punti, Allenamento Approvato. Complimenti.
 
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3 replies since 20/9/2010, 23:04   33 views
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